| ABITO : DESCRIZIONE DEL COSTUME TRADIZIONALE |
Una descrizione accurata del costume tradizionale femminile del paese di Saponara, l’abbiamo grazie ai dipinti di due pittori Antonio Berotti e Stefano Santucci delle Gouaches. Il re di Napoli Ferdinando IV nel 1785-86 diede mandato ai pittori di riprodurre soggetti raffiguranti il modo di vestire popolare che doveva servire alla ricognizione del sistema economico e alla conoscenza ed analisi del modo di vestire e delle stoffe usate nelle confezioni tessili, nelle varie località del suo regno.Tra i tanti paesi visitati della provincia di Basilicata e nello specifico del comprensorio della Valle dell’Agri. I due artisti trovarono di notevole rilevanza tipologica e significativa fattura il costume popolare tradizionale della donna del paese di Saponara. A testimoniare questo interesse il fatto che esso è stato raffigurato in doppia esecuzione (costume visto davanti e di dietro). I dipinti che lo ritraggono sono custoditi presso Palazzo Pitti a Firenze, nella Collezione Castello. Notevole era all’epoca l’importanza del costume tradizionale. Elemento distintivo nel modo di vestire di ciascun paese nell’unico tipo che però si differenziava nel tessuto e nella ricchezza dei particolari secondo la classe sociale e l’agiatezza di chi lo indossava. Pertanto il suo valore patrimoniale entrava a far parte del corredo. Era indossato per il matrimonio, nei giorni di festa e nelle occasioni importanti. Diffusa, tra i contadini, era l’abitudine di arricchire l’abito giornaliero, povero, confezionato con stoffe grossolane e modeste di accessori più raffinati. Data la scarsa disponibilità economica, l’abito veniva indossato fino a quando non era del tutto lacero e logoro. |
| LA GONNA (FADIGLIA) |
Generalmente in mussola di cotone, ricca di pieghe, lunga fino alle caviglie; veniva raccolta in vita su due sporgenti cuscinetti che poggiavano sui fianchi. Secondo le possibilità, era in uso indossare più gonne sovrapposte per dare maggiore risalto ai fianchi, seguendo i canoni estetici della moda dell’epoca che privilegiava l’opulenza e le forme procaci. Sul davanti, portavano per salvaguardare il più possibile la gonna, un grembiule (VAND’ SIN, dal latino ante sinum) in tinta bordato di passamaneria, e a volte ricamato. |
| LA CAMICIA (A CAMM’SEDDA) |
Di cotone bianco, a manica lunga e ampia, arricciata ai polsi; scollo tondo tutta rifinita di merletto. |
IL CORSETTO |
Confezionato con la stessa stoffa della veste era aderente e scollato. Aperto sul davanti, era trattenuto da lacci colorati che poi giravano ed erano annodati al giro vita. |
4) IL COPRICAPO (SCOLLA) |
Completamento essenziale del costume femminile, il copricapo. Una tovaglia di cotone bianco, orlata di merletto o di pregevoli frange. Il panno veniva acconciato in modo diverso senza assumere una forma precisa; piegato più volte sulla testa, fermato sulla nuca scendeva poi sulle spalle. |
ABITO TIPICO 1870 – 1940 |
L’Ottocento, secolo della rivoluzione industriale e dell’unificazione del regno, e il Novecento, secolo dell’emigrazione interna ed esterna, modificarono totalmente il modo di vivere e le abitudini della popolazione. Anche l’abbigliamento subì delle profonde trasformazioni dettati dall’esigenza di adeguarsi alle nuove e più complesse esigenze quotidiane. L’abito tradizionale, perse innanzi tutto del suo valore di tipicità,divenendo puramente un oggetto folkloristico, legato ai popolani e ai contadini le cui condizioni e abitudini erano rimaste immutate. Non più abito di tutti, ma il vestito dei cafoni, oggetto a volte di curiosità e di scherno. L’abito indossato soltanto dalle cosiddette “donne civili” (polane) si indossava nei giorni di festa e nelle occasioni importanti. La gonna, lunga fino alle caviglie, era di mussola di cotone o di cotone di colore marrone chiaro pieghettata a plissè largo con riporti di pizzo. Le calze erano di colore bianco. Sulla gonna immancabile, il grembiule, “’u vand’sin”. La camicia, bianca di cotone girocollo con merletto (‘a camm’sedda) costituiva la parte più importante del vestito. Le maniche a sbuffo tipo palloncino gonfiato “ le goffe” (i goff’ ra cammisa) larghe fino al gomito erano trattenute da un alto polsino ornato di nastri e ricami della stessa stoffa del corpetto. Il corpetto, in tinta con la veste, dal quale usciva la camicia era ornato con fregi dorati. Alcune donne usavano indossare anche un largo fazzoletto che scendeva sul seno “la pettorina”. Molto usati dalle donne anche pendolini alle orecchie e al collo, quest’ultimi assicurati al collo con nastri di velluto che facevano da goliere. Raramente si indossavano laccetti di oro. |
COSTUME TRADIZIONALE MASCHILE |
L’abito tradizionale anche per l’uomo costituiva ovviamente un segno di identificazione del ceto sociale di appartenenza; a differenza di quello femminile era più sobrio e meno ricco di particolari. Le classi sociali meno abbienti, contadini e operai indossavano calzoni di tela ruvida o di panno lunghi fin sotto il ginocchio, con aperture laterali sostituite poi da una patta con bottoni di ferro. Intorno alle gambe arrotolavano strisce di canapa. Per ripararsi dai rigori invernali, invece indossavano giubbotti senza maniche, fatti di vello di pecora “Iuppon” e coprivano le gambe con gambali di pelle di pecora o montone, stretti da stringhe, simili alle calzature di cuoio grezzo “Zampitti” che essi portavano. |
CALZONE “Calzonetto” |
Le classi sociali più abbienti indossavano lo stesso calzoni fino al ginocchio di felpa in inverno e di tessuto più leggero in estate chiamato “Calzonetto”. Per coprire le gambe indossavano stivali di filannina (tela) bianca. |
| PANCIOTTO “ Camm’sola ” |
Sulla camicia, di solito di tela bianca senza colletto, sostituito da un fazzoletto colorato, si indossava un panciotto di panno detto “Camm’sola”. |
Giacchetta “Sciamberga o, in dialetto, Sciammerca” |
Segno distintivo tra gli uomini dell’alta società e della media borghesia era la giacca. I primi indossavano una giacca semplice e lunga, con tasche interne dette “Mariole”. I secondi una giacca più corta detta mezza “sciammerca” . D’inverno si avvolgevano con un largo mantello nero a ruota “A’ Rota”, fissato sulla spalla da un fermaglio. Sul capo portavano un cappello di forma conica a larghe tese. |
Bibliografia Annamaria Restaino “Mode e modi dei costumi dei Lucani”, stampa Arti Grafiche Finiguerra Lavello. Vincenzo Falasca “Folklore in Basilicata Il Caso Saponara” stampa Alfagrafica Volonnino Lavello. |