| LE OPERE DI BENE |
Ricordiamo, brevemente, le opere di bene che Aurora realizzò in Piedimonte.
Ella fece edificare:
1) Il conservatorio delle orfane, grande edificio al Largo San Sebastiano, fondato nel 1711, dotato con 500 pecore e affidato alla Confraternita di S. Maria Occorrevole
2)
Il convento e la Chiesa dell’Immacolata Concezione
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| LA POESIA |
Come dicevo più sopra, i poeti arcadi non raggiungevano alti livelli nella poesia, tranne alcuni.
Fra questi ultimi lo storico Prof. Dante Marrocco (v. Bibliografia) include Aurora.
I suoi scritti, costituiti da poesie e testi per musiche, sono composti, ovviamente, secondo lo stile dei poeti arcadici ma (sempre secondo Marrocco) se ne differenzierebbero alquanto per i sentimenti espressi, la vivacità e la sincerità. Nella composizione delle sue poesie Aurora seguiva, come riferiscono gli studiosi, i modelli di Petrarca, Della Casa e Criscimbeni.
Le sue opere sono contenute nelle raccolte poetiche:
1) AA.VV. Rime degli Arcadi (Roma, 1716 e 1736)
2) L. Bergalli: Componimenti poeticidelle più illustri rimatrici; 1726;
3) Campora: Raccolta di rime di illustri napoletani; Napoli, 1701
4) Gobbi: Scelta di sonetti e di canzoni, Venezia, 1739;
5) Rossi: Florilegio femminile, Genova, 1840;
6) AA.VV., Rime degli arcadi aggiunte a quelle dei coniugi Zappi, Venezia, 1736.
Bisogna ricordare, inoltre, che ella era appassionata anche di musica e canto, ed era in costate contatto con il musicista Giacomo Antonio Perti, a cui dava i testi delle sue cantate per la musica.
Si serviva spesso, per le sue rappresentazioni teatrali, anche dell’opera di famosi compositori, quali A. Scarlatti ed N. Giuvo.
Per quanto riguarda il valore delle sue composizioni poetiche (poesie e testi per musica), personalmente non esprimo giudizi (è compito del Lettore…).
Tuttavia, fra le poesie che ho letto una mi è sembrata particolarmente espressiva, poiché manifesta notevole sensibilità della poetessa: è il sonetto “Poveri fior !”
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Ne riporto il testo:
Poveri fior !
Poveri fior! destra crudel vi coglie,
v'espone al foco, e in un cristal vi chiude.
Chi può veder le violette ignude
disfarsi in onda, e incenerir le foglie!
Al giglio, all'amaranto il crin si toglie
per compiacer voglie superbe e crude,
e giunto appena aprile in gioventude
in lagrime odorose altrui si scioglie.
Al tormento gentil di fiamma lieve
lasciando va nel distillato argento
la rosa il foco, il gelsomin, la neve.
Oh di lusso crudel rio pensamento!
per far lascivo un crin vuoi far più breve
quella vita, che dura un sol momento.
Lucinda Coritesia
Pastorella Arcade
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Occorre precisare che, indipendentemente dal valore obiettivo delle sue composizioni poetiche, Aurora ha il grande merito di essere stata una mecenate, una instancabile committente di musiche e testi per musiche.
Infatti ella, dopo il matrimonio con Nicola Gaetani, ospitava, insieme con il marito, nel suo salotto di Napoli e in quello del palazzo Sanseverino di Bisignano , poeti, scrittori, musicisti, pittori e uomini di cultura, venuti anche da lontano per colloquiare con lei.
In tal modo riusciva a coinvolgeva nella sua attività artistica personaggi diversi i quali, a loro volta, si avvicinavano all’arte o, quanto meno, diventavano anch’essi mecenati e committenti di opere d’arte.
Senza alcuna pretesa di giudizio, dobbiamo comunque osservare che le sue poesie sono dominate da un certo senso di malinconia che, specie negli ultimi anni di vita, erano la manifestazione di una grande sofferenza interna, dovuta spesso alla lontananza del marito. Del resto la poetessa, pur avendo avuto molti privilegi dalla vita, aveva pur sempre sofferto tanto: per la morte del primo marito e dei suoi figli.
Per tali ragioni ella, diversamente da altri poeti arcadi, appare più spontanea, più vicina alla gente che soffre, quindi più predisposta alla pietà e alla carità verso il prossimo, come si nota nel sonetto di sopra, nel quale esprime tanta pietà per i poveri fiori.
Altri versi di Aurora
Riporto un altro sonetto di Aurora, che mostra la sofferenza e la gelosia d’amore per il marito lontano, il quale forse rivolge le sue attenzioni ad altre donne.
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Ben son lungi da te, vago mio Nume,
qual per mancanza di vitale umore
arida pianta, qual senza vigore
palustre augel con basse, e tarde piume;
Ben son lungi da te, qual senza lume
notte piena di tenebre, e d'orrore:
ben son lungi da te, qual secco fiore,
cui soverchio calore arda, e consume.
In te, mia vita, han posa i miei desiri:
or se da te tant'aria si diparte,
qual pace troveran gli aspri martiri?
Ahi dunque, è ben ragion, che in mille carte
sfoghi sue angosce in lagrime, e sospiri
quest'alma, che si strugge a parte a parte.
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