Cenni storici
A causa dei diversi attacchi da parte dei Saraceni, tra l’878 e il 1031, gli ultimi abitanti di Grumentum si rifugiarono sul colle sovrastante la città, dove esisteva già dal IV sec. d.C. un piccolo insediamento intorno al tempio dedicato alla divinità egizia Serapide. Questo nuovo centro abitato intorno alla metà dell’anno 1000 prese il nome di Saponara e divenne feudo Normanno. Conobbe quale primo Feudatario Roberto d’Altavilla, Conte di Montescaglioso.
A questa famiglia si deve la costruzione del castello e della cinta muraria. Tra i vari feudatari che si avvicendarono, i Sanseverino segnarono la storia del paese tenendone il possesso ininterrottamente sino al 1853.Sotto il loro dominio il Comune conobbe periodi di grande splendore, ma anche di decadenza. Al termine dell’epoca feudale nel meridione, nel 1806 i Sanseverino di Saponara arrivarono persino a ricoprire un ruolo di prestigio con Tommaso di Saponara che fu nominato Ministro del Regno di Napoli. In epoca risorgimentale la cittadina partecipò attivamente ai moti liberali del 1820-21, del 1848 con Gherardo Ceramelli e all’attività mazziniana con il liberale Giulio Cesare Giliberti.
Rasa al suolo dal sisma del 1857, che mietè più di 2000 vittime, fu interessata anche dal fenomeno del Brigantaggio. Il nome Saponara, con regio decreto del 21 aprile 1863, fu trasformato in Saponara di Grumento ed infine, il 3 novembre1932, in Grumento Nova. |
Una descrizione accurata del costume tradizionale femminile del paese di Saponara, l'abbiamo grazie ai dipinti di due pittori Antonio Berotti e Stefano Santucci delle Gouaches.
Il re di Napoli Ferdinando IV nel 1785-86 diede mandato ai pittori di riprodurre soggetti raffiguranti il modo di vestire popolare che doveva servire alla ricognizione del sistema economico e alla conoscenza ed analisi del modo di vestire e delle stoffe usate nelle confezioni tessili, nelle varie località del suo regno.
Tra i tanti paesi visitati della provincia di Basilicata e nello specifico del comprensorio della Valle dell'Agri. I due artisti trovarono di notevole rilevanza tipologica e significativa fattura il costume popolare tradizionale della donna del paese di Saponara. A testimoniare questo interesse il fatto che esso e stato raffigurato in doppia esecuzione (costume visto davanti e di dietro). I dipinti che lo ritraggono sono custoditi presso Palazzo Pitti a Firenze, nella Collezione Castello.
Notevole era all'epoca l'importanza del costume tradizionale. Elemento distintivo nel modo di vestire di ciascun paese nell'unico tipo che pero si differenziava nel tessuto e nella ricchezza dei particolari secondo la classe sociale e l'agiatezza di chi lo indossava.
Pertanto il suo valore patrimoniale entrava a far parte del corredo. Era indossato per il matrimonio, nei giorni di festa e nelle occasioni importanti.
Diffusa, tra i contadini, era l'abitudine di arricchire l'abito giornaliero, povero, confezionato con stoffe grossolane e modeste di accessori piu raffinati.
Data la scarsa disponibilita economica, l'abito veniva indossato fino a quando non era del tutto lacero e logoro.
L'abito femminile popolare tradizionale, si componeva di cinque elementi:
LA GONNA (FADIGLIA)
Generalmente in mussola di cotone, ricca di pieghe, lunga fino alle caviglie; veniva raccolta in vita su due sporgenti cuscinetti che poggiavano sui fianchi. Secondo le possibilita, era in uso indossare piu gonne sovrapposte per dare maggiore risalto ai fianchi, seguendo i canoni estetici della moda dell'epoca che privilegiava l'opulenza e le forme procaci. Sul davanti, portavano per salvaguardare il piu possibile la gonna, un grembiule (VAND' SIN, dal latino ante sinum) in tinta bordato di passamaneria, e a volte ricamato.
LA CAMICIA (A CAMM'SEDDA)
Di cotone bianco, a manica lunga e ampia, arricciata ai polsi; scollo tondo tutta rifinita di merletto.
IL CORSETTO
Confezionato con la stessa stoffa della veste era aderente e scollato. Aperto sul davanti, era trattenuto da lacci colorati che poi giravano ed erano annodati al giro vita.
Le maniche, staccate dal corsetto, lunghe e sciolte terminavano al gomito con falde circolari drappeggiate che lasciavano intravedere le maniche della camicia. Erano legate alle spalle da nastrini e fiocchi colorati.
4) IL COPRICAPO (SCOLLA)
Completamento essenziale del costume femminile, il copricapo. Una tovaglia di cotone bianco, orlata di merletto o di pregevoli frange. Il panno veniva acconciato in modo diverso senza assumere una forma precisa; piegato piu volte sulla testa, fermato sulla nuca scendeva poi sulle spalle.
ABITO TIPICO 1870 - 1940
L'Ottocento, secolo della rivoluzione industriale e dell'unificazione del regno, e il Novecento, secolo dell'emigrazione interna ed esterna, modificarono totalmente il modo di vivere e le abitudini della popolazione.
Anche l'abbigliamento subi delle profonde trasformazioni dettati dall'esigenza di adeguarsi alle nuove e piu complesse esigenze quotidiane.
L'abito tradizionale, perse innanzi tutto del suo valore di tipicita,divenendo puramente un oggetto folkloristico, legato ai popolani e ai contadini le cui condizioni e abitudini erano rimaste immutate.
Non piu abito di tutti, ma il vestito dei cafoni, oggetto a volte di curiosita e di scherno.
L'abito indossato soltanto dalle cosiddette "donne civili" (polane) si indossava nei giorni di festa e nelle occasioni importanti.
La gonna, lunga fino alle caviglie, era di mussola di cotone o di cotone di colore marrone chiaro pieghettata a plisse largo con riporti di pizzo.
Le calze erano di colore bianco. Sulla gonna immancabile, il grembiule, "'u vand'sin".
La camicia, bianca di cotone girocollo con merletto ('a camm'sedda) costituiva la parte piu importante del vestito.
Le maniche a sbuffo tipo palloncino gonfiato " le goffe" (i goff' ra cammisa) larghe fino al gomito erano trattenute da un alto polsino ornato di nastri e ricami della stessa stoffa del corpetto.
Il corpetto, in tinta con la veste, dal quale usciva la camicia era ornato con fregi dorati. Alcune donne usavano indossare anche un largo fazzoletto che scendeva sul seno "la pettorina".
Molto usati dalle donne anche pendolini alle orecchie e al collo, quest'ultimi assicurati al collo con nastri di velluto che facevano da goliere. Raramente si indossavano laccetti di oro.
COSTUME TRADIZIONALE MASCHILE
L'abito tradizionale anche per l'uomo costituiva ovviamente un segno di identificazione del ceto sociale di appartenenza; a differenza di quello femminile era piu sobrio e meno ricco di particolari.
Le classi sociali meno abbienti, contadini e operai indossavano calzoni di tela ruvida o di panno lunghi fin sotto il ginocchio, con aperture laterali sostituite poi da una patta con bottoni di ferro. Intorno alle gambe arrotolavano strisce di canapa.
Per ripararsi dai rigori invernali, invece indossavano giubbotti senza maniche, fatti di vello di pecora "Iuppon" e coprivano le gambe con gambali di pelle di pecora o montone, stretti da stringhe, simili alle calzature di cuoio grezzo "Zampitti" che essi portavano.
CALZONE "Calzonetto"
Le classi sociali piu abbienti indossavano lo stesso calzoni fino al ginocchio di felpa in inverno e di tessuto piu leggero in estate chiamato "Calzonetto". Per coprire le gambe indossavano stivali di filannina (tela) bianca.
PANCIOTTO " Camm'sola "
Sulla camicia, di solito di tela bianca senza colletto, sostituito da un fazzoletto colorato, si indossava un panciotto di panno detto "Camm'sola".
Giacchetta "Sciamberga o, in dialetto, Sciammerca"
Segno distintivo tra gli uomini dell'alta societa e della media borghesia era la giacca. I primi indossavano una giacca semplice e lunga, con tasche interne dette "Mariole". I secondi una giacca piu corta detta mezza "sciammerca" . D'inverno si avvolgevano con un largo mantello nero a ruota "A' Rota", fissato sulla spalla da un fermaglio. Sul capo portavano un cappello di forma conica a larghe tese.
Bibliografia:
Annamaria Restaino "Mode e modi dei costumi dei Lucani", stampa Arti Grafiche Finiguerra Lavello.
Vincenzo Falasca "Folklore in Basilicata Il Caso Saponara" stampa Alfagrafica Volonnino Lavello
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